Immagini dell’invisibile.
Un itinerario e un incontro tra bellezza originaria e frammentazione
di Rosa Vitale ( tratto dal testo in catalogo)
Attratta dalla figura e dal volto sacro
in maniera particolare, l’artista ripropone l’arte figurativa
iconografica che le è propria per vissuto personale attraverso
un percorso di ricerca autonoma. Le sue opere non definiscono una immagine
statica ma danno il senso del “divenire” come processo di
rielaborazione del prodotto artistico sia sotto l’aspetto della
scelta dei supporti, dei materiali in applicazione, dei pigmenti, dei
colori e delle colle, sia sotto il profilo del trattamento successivo
del dipinto… lo strappo, l’applicazione di resine per la
riunificazione dei pezzi, la collocazione nei contesti espositivi…
il tempo, quale elemento imprescindibile per fissare uno dei tanti dipinti
della stessa immagine.
La maniera espressiva nasce da momenti di contemplazione e di indagine
sui legami tra le figure religiose, che utilizza attingendo dalla propria
cultura d’origine.
I temi: i guerrieri asceti, i serafini, le Vergini, le Madonne con bambino,
le sante, l’Annunciazione, l’acqua e la preghiera non completata.
Essi, divengono simbolo della presenza divina, un “sacramentale”
degno della venerazione dei fedeli. Le icone, presenza del Sacro, sono,
“vedute sul mistero”, varchi per immettersi in dimensioni
diverse dal terreno; espedienti di accesso alla contemplazione; il richiamo
è alla mýmesis, testimonianza della fede per mezzo del
modello originario.(........)Il patrimonio iconografico di Piana degli
Albanesi, luogo di origine dell’artista, è uno scrigno
di arte e spiritualità bizantina che arricchisce la Sicilia fin
dagli inizi del secolo XVI. L’eredità del Gianbecchina
dimostra che il tempo dell’iconografia non è finito e si
mantiene viva e continua una tradizione che ha la forza di riproporre
quei valori dell’arte e della spiritualità, che non tramonteranno
mai poiché sono espressioni tangibili di una viva realtà
ecclesiale e sociale, che l’Eparchia di Piana degli Albanesi rappresenta
come un unicum in Sicilia e nel mondo. L’artista sostiene di operare
non recuperando il passato, ma la ricchezza e la complessità
degli elementi inseriti negli affreschi fanno pensare ad una concezione
frutto di una “erudita intelligenza umanista” che si rivela
anche nelle sovrapposizioni che si integrano e completano nel luogo:
stratificazioni su stratificazioni.
Affiorano nuove pitture davvero eccezionali per il loro contenuto dove
i frammenti di affreschi costituiscono l’unicità assoluta
di un ciclo di dipinti del genere in un luogo dove, nel passato, l’incuria
ha permesso di installare gli impianti elettrici anche sopra gli affreschi
stessi, attraversandoli con canaline e viti! Ciò nonostante,
finalmente, sembra che si sia compresa l’urgenza di dedicarsi
a quest’opera, e si manifesta tutta la riflessione dell’artista
a un luogo che diviene cornice ideale! Il risultato è una complessa
stratificazione di richiami e riferimenti. Ovviamente sia l'ordine liturgico
che gli elementi stessi dell'organismo architettonico rispondono ad
una serie di significati simbolici, intesi a celebrare la redenzione
dell'uomo dal peccato originale.
È una Pasqua di Resurrezione! L’intera mostra diviene una
specie di teatro, palinsesto, rappresentazione della memoria visiva
e delle nostre stratificazioni culturali.(......) le opere dell’artista
celebrano vaghezza e atmosfera evocativa e la realtà appare con
i contorni non netti ma sfumati: ricordiamo meglio l’intento didascalico
che i volti, più l’atmosfera che la precisione di un momento,
più l’estensione oltre l’immagine che i contorni
definiti.
Lungo il percorso dell’installazione si percepisce una atmosfera
di pace dove i colori si accordano tra loro. Il colore ha una funzione
simbolica che agisce come un sentimento, è sentimento stesso
che appartiene alla sfera più profonda dell’essere, si
esprime come simbologia divenendo un tramite espressivo. Come Goethe,
l’artista considera il colore quindi un processo vivente, un’interazione
continuamente creativa di luce e tenebra, intese come polarità
attive dove il soggetto può avere molte ragioni. Ma nelle opere
dell’artista vengono fuori i colori della tradizione siciliana.
Come una composizione musicale, le opere nascono partendo dagli accordi
principali, prendendo forma poco a poco e successivamente allargano
i confini esprimendo la forza dei mutamenti continui in un rapporto
tra antico e nuovo, come una tensione interna tra processi di stratificazione,
tra continuità e mutamento, coesistenza, differenza e indifferenza.
L’intera installazione, con stratificazioni di immagini e manipolazioni
del colore dove le opere non hanno il contrasto dei bordi ma ciò
che conta è l’appartenenza ad una totalità che con
successive elaborazioni manuali dello stesso luogo che accoglie la mostra
da luogo ad effetti descrivibili come sovrapposizioni di materiali e
colori, di luci e ombre, evocando la nostra città, anch’essa
risultato delle stratificazioni di epoche diverse.
Le forme sono nella loro naturale collocazione dove l’artista
le ha volute, determinando una composizione equilibrata.
Traspare il tema della presenza-assenza, poiché l’affresco
è talora oggettività e distacco, talora espressione della
soggettività. Le radici affondano nella infanzia di paese, ma
poi emerge un senso di rottura pur esistendo un’ombra nascosta.
Le opere si situano in una realtà di mezzo, tra ombra e luce.
La luce non è interna, pertanto non interiore, né esterna,
dunque slegata dalla realtà oggettiva. Fra luce e ombra, traspare
una sfera metafisica che, nei casi più estremi, si presenta come
specchio nell’Asceta.
Non è un luogo che si rivolge alla massa: gli altri non esistono,
esiste solo l’altro, inteso come propria solitudine di fronte
all’affresco. L’altro è anche l’artista: è
manifesta un forma di comunicazione con se stessa. Le forme delle opere
sono castigate, essenziali, frammenti con un gioco di rapporti di luce,
e silenzi… non è facile creare i silenzi anzi, è
cosa piuttosto complicata.
Il silenzio è all’interno dell’affresco o all’interno
di chi guarda? Chi guarda deve essere predisposto a recepire il messaggio.
All’artista non interessa mettere dentro la propria biografia,
anzi, di fronte ad esso si mette da parte. Chi guarda invece, può
anche interpretare con i suoi sentimenti quello che vede. Così
è il messaggio della Vergine di chiesa, opera realizzata su tela
e cemento, dove il figlio è assente. Il fruitore del messaggio,
risponde al silenzio della superficie pittorica poiché viene
trasmesso e perché predisposto al silenzio. Il fruitore rumoroso
non può capire. Ma posso anche non percepire il silenzio perché
mi metto in una posizione neutrale: esso rappresenta la perdita o è
decodifica della voglia di recupero? Tuttavia un quadro non è
una scheggia dello spirito dell’artista, è il suo spirito
che si è posato su quel tracciato, e la tua spiritualità
che non sta sulla superficie del dipinto, è il dipinto stesso.
In un quadro non c’è superficie, c’è l’anima.
Allora ci sono solo due possibilità: o sono in grado di recepire
il tuo messaggio perché sono abituato alla solitudine e la riconosco
nella tua pittura, oppure sono totalmente inconsapevole, ma la carica
di silenzio che avverto nel tuo quadro risveglia in me un’eco
di spiritualità.
Ripetere gli stessi soggetti, per riscoprire e rinnovare sempre la stessa
ombra, la stessa luce e la stessa vibrazione e, in modo simile, il silenzio
dell’immagine che diventa secondaria rispetto alla continua ricerca
di definizione del rapporto tra superficie e interiorità.............