TANINA CUCCIA
PIERLUIGI TANTILLO

Con il patrocinio del
Comune di Monreale
Assessorato alla Cultura


 
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Il pieghevole della mostra in pdf
Con il patrocinio di
Associazione Culturale Riquadro
“verticale”
Doppia personale
di Tanina Cuccia e Pierluigi Tantillo
 
   

LUOGO - spazi espositivi del Complesso Monumentale “Guglielmo II” , Museo Civico di Monreale

INAUGURAZIONE- venerdì 12 settembre 2008- ore 17

DURATA- dal 12 al 24 settembre 2008

ORARI- dal lunedì al sabato 09.00- 13.30/ 15.00- 19.00; domenica e festivi 9.00 -13.00

INGRESSO-si garantisce la gratuità il giorno dell'inaugurazione

PRESENTAZIONE- Francesca Mezzatesta

PATROCINIO- Comune di Monreale e Associazione Culturale Riquadro

A CURA- Roberto Valore

Ufficio Stampa- Roberto Valore robertovalore@.libero.it
per ulteriori informazioni cell. 320 95 72 551

Si ringraziano: 
IL Sindaco del Comune di Monreale dott. Salvatore Gullo
L'Assessore alla Cultura del comune di Monreale prof. Fabio Sciortino
Il presidente dell'associazione Riquadro Salvo Cancemi

Con il contributo di
 

 

 

   
 

presentazione critica di Francesca Mezzatesta

 “Il limite è il segno del dominio dell'infinito sull'indefinito” (S.Weil).
 Riuscire a erigersi verso l'alto è superare la greve materialità della terra e annientare in un volo i suoi limiti.  Preghiera che tra l'invisibile e il reale crea una fuga soprasensibile dal piano mediano della terra “luogo del dramma” già dai più antichi palcoscenici reali e dell'immaginario.  Ma il “viaggio creativo”di un'artista diviene interiore quando attraverso la materia ricongiunge pensieri  e anima e con la propria capacità immaginativa e manuale   la riveste, rendendola visibile e sovra-sensibile, sublimandola nella sua metamorfosi. Il fremito “en plein air” è ciò che induce i due artisti siciliani a tradurre in questa mostra due modalità diverse d'espressione concettuale e semantica senza escludere  sperimentazioni tecniche. T.Cuccia attraversa l'identità di iconografa  Arbëreshe sino a trascenderla, mitigandone l'espressioni ieratiche di sguardi che attraverso l'uomo dovrebbero vedere sé stessi. Madonne riccamente ornate secondo la tradizione orafa più arcaica bizantina e riproposte nel principio  leonardesco: “virtutem  forma decorat”, affiorano da lacune ricostruite in biacca quasi a consolidare e restaurare il supporto fatiscente ma prezioso dell'immagine. Tutto ciò senza rinnegare le  ragioni storiche nel loro processo di anastisoli  metaforica di fede e  riti nel tempo. Presenze ermeneutiche di angeli, mediatori cromatici, risvegliano dal sogno “quotidiano”, attraversano lo spettro dei colori dei loro “haestae”, ali e piramidi di luce che avvolgono ancora i visi trattati con le tempere all'uovo secondo tradizione. I colori in tecniche miste e contemporanee, li “sporcano” entrando nella vulnerabilità delle cose viventi. Piume rosso fuoco, cangiano in colori che possono essere confusi tra quelli dell'aurora o di un tramonto, collage di giornale si incastonano in storie che risvegliano nel “sogno quotidiano”. Stallagmitiche  irridiscenze sono spade di nobili guerrieri custodi dell'anima e s'innalzano nel prisma cromatico senza perdere la loro memoria poetica per rivelare la verosimiglianza nell’invisibile che si rivela all’oscurutà. Di lirica intimistica e animica s'innalzano verso l'alto le “Mater lignae” levigate in fregi narrativi di P. Tantillo. Alfabeti nuovi e ancestrali rimandano a forme totemiche ad “axis mundi”. Pontex  tra cielo e terra non più  arcobaleni che si sgomitolano come scale cromatiche, ma forme che rimandano più a Croci (Cruz) che a “Resurretio Christi”. Assi si incrociano e vengono intersecati da corde in canapa che tracciano fughe visive in una tensione graduale all'infinito. Corde interiori di una parte dell'anima “silenti” che echeggia note ultraterrene in un dialogo intimo tra il Sé e il divino. Meandri scavati del proprio essere mostrano “chiavi” d'accesso per esplorare o che già hanno visitato l'esistere di ognuno e di tutti, nell'assenza di lacerti di un vissuto nella mutevolezza labile di una realtà collettiva. Oggetti antropomorfi d'impatto visivo ed emozionale,  impregnati di uno spazio magico e sacrale dove la memoria invoca    ricordi, come le fotografie che l’artista  appende in esili, ma forti catene, come pensieri nella mente. Opere che sembrano destabilizzare per un attimo interrogandoci tra tutte le assenze di materia lignea, che come tante finestre, hanno  ceduto spazio ad altri oggetti e che per ristablizzare l'anima nei suoi processi alchemici siamo costretti anche noi a ricercare in  un “unità originaria” osservandoli sospesi in “aplomb”.